Archivi del mese: agosto 2016

sul latino, il greco e l’importanza degli studi umanistici, un secolo fa

Latin_and_Greek_in_American_education__with_symposium

Siamo alle solite, pare che – soprattutto a fine agosto, verso l’inizio del nuovo anno scolastico – non si possa fare a meno, di fare uscire articoli (qui si esibisce con tutta la sua autorevolezza il Sole 24 Ore, a firma Nicola Gardini – autore di “Viva il Latino”) sulla supposta utilità (o inutilità per chi la pensi diversamente, allo stato attuale della discussione sarà infatti ben difficile far cambiare idea a qualcuno) della formazione umanistica: in genere sotto le vesti, dichiarate nel titolo o nell’incipit del pezzo di “attacco al liceo classico”.

Se non è per contrastare il lamentato abbandono del Liceo Classico allora si tratta di salvare quella sorta di soldato Ryan del corpo dei Marines (esercito della libera Repubblica della Cultura, al momento alle prese con una rotta che non si è vista neanche a Caporetto) che ormai è divenuto lo studio del Latino: e qui si esprime argomentando un’icona come il Settis, su Repubblica, poco tempo fa.

Sempre parlando per icone, Umberto Eco, a suo tempo non aveva mancato di rappresentare  il problema (in questa bella Bustina di Minerva, nel 2014)  in termini diversi, ma risalendo coi suoi bei modi all’archetipo della memoria:

”’Ma perché è così importante sapere che cosa è accaduto prima? Perché molte volte quello che è accaduto prima ti spiega perché certe cose accadono oggi e in ogni caso, come per le formazioni dei calciatori, è un modo di arricchire la nostra memoria”’. Formulazione solo un po’ meno pessimistica del Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo di George Santayana.

Insomma, ottimi riferimenti, discutibili quanto vuoi ma ottima base davvero per tutti gli articoli e le articolesse di fine estate (anche di dubbia qualità: per cortesia evitiamo di additare mister FB ad esempio di cogenza dello studio del latino; coniugare qualche sua lettura giovanile con il successo che gode significa solo ignorare che la statistica non si applica al singolo individuo; di questo passo si potrà anche giustificare la notorietà di qualche particolare esamificio con la figura ispirazionale del calciatore di turno, suo ex-alunno, reificazione del feticcio tardocalvinista del successo terreno).

Qualche dubbio mi viene, e mi viene rileggendo e riflettendo su quanto si diceva riguardo questi stessi problemi più o meno un secolo fa (non penserete mica che la descresciuta rilevanza degli studi umanistici rispetto ad una presunta familiarità con la téchne sia da imputarsi alla sola riforma gelmini, riforma che non per disattenzione  scrivo in minuscolo). Questo perché non riesco, sarà certo miopia mia, a trovare in quanto si argomenta oggi, rispetto a quanto si faceva allora, nuove idee, rinnovati moventi per rimettere un po’ di umanesimo al centro del paese, invece di demolirlo completamente, per far spazio al nuovo e luccicante centro commerciale.

La lettura, anche sommaria, di un tomo come il Latin and Greek in American education, with symposia on the value of humanistic studies, di Kelsey, Francis W. (1911, New York, London, The Macmillan Company) è illuminante e sconfortante al tempo stesso: vi potrete trovare un bel repertorio, completo ad abundantiam, di considerazioni e motivazioni a critica e supporto dell’educazione classica nel sistema scolastico statunitense di un secolo fa; motivazioni per la stragrande parte ancora valide e usate anche oggi. Ma si tratta ormai di merce di un secolo fa, appunto – ricicciamo cose già viste e sentite (sempre meglio che dimenticarle, ma non sembra sufficiente).

Nel frattempo, come direbbe Severino, qualche piccolo salto epistemico è avvenuto e sta avvenendo: il mondo fatto a nazioni di fine ottocento è diventato il mondo fatto a subcontinenti (e visto che ci siamo se qualcuno vuole dare premi – ovviamente postumi, di Nobel sulle intenzioni ne abbiamo già avuti a sufficienza – alla verificata capacità di previsione, Orwell/Huxley sono sempre pronti ad accettarli); molte fisicità e distanze sono state virtualizzate dai computer e da Internet; il lavoro, ci piaccia o no, sta per diventare la merce scarsa dalla seconda metà del XXI secolo in poi.

Cosa volete che abbia a che fare il latino, il greco, il liceo classico (o anche il liceo scientifico vero e proprio buonanima, quello di prima della riforma gelmini) in tutto questo? La questione è aperta: a trovar nuovi moventi, molte più persone verranno a prestarvi fiducia. Altrimenti una formazione semplificata venduta come maggiormente orientata ad un presunto risultato pratico sembrerà molto più attraente – l’erba cattiva scaccia quella buona: poche persone hanno nozione su come l’investimento scolastico abbia ritorni a distanze così lunghe da dubitare vi sia capacità predittiva alcuna su di esso. Non crediate che il ministro che vari l’attuale buona riforma scolastica sarà ancora al suo posto quando ne trarrete le somme, mentre anche oggi un caffè postumo a Giovanni Gentile, a prescindere – e con qualche non piccola difficoltà – dalle sue idee politiche, posso ancora pensare di offrirlo.

Non è decisivo continuare a ripetere l’utilità della formazione classica rispetto all’idea di uomo così come è ora: serve piuttosto individuare, se esiste, una specificità di questo tipo d’istruzione nella realizzazione dell’uomo che meglio sarà adatto ad affrontare più o meno ipotetiche sfide future (il che esclude sin d’ora, sia chiaro, l’ipotesi di considerare il modello del “buon consumatore” come ancora praticabile nel medio periodo): un problema di rinnovato umanesimo. O forse di marketing della cultura classica, a voler essere davvero cinici: in fondo abbiamo solo 3/4 mila anni di civiltà della parola scritta alle spalle, quasi nulla se pensiamo che l’homo sapiens si è evoluto in questa forma attuale ben 200 mila anni fa. Possiamo pensare infatti, visti i tempi intercorsi, che quanto sia stato buono per l’uomo dell’Ottocento sarà buono anche per l’uomo del XXI secolo tanto quanto come che l’intera civiltà della parola scritta sia irrilevante rispetto all’evoluzione della razza umana nel suo complesso. In mezzo tra queste due posizioni ci sta tutto: i markettari potranno esibirsi in scioltezza.

Facciamo un altro po’ d’ironia? Dove sono quelle anime candide che un secolo fa propagandavano la maggiore utilità nello studiare il tedesco rispetto al latino? Con lo stesso metro dovremmo oggi imparare (oltre all’inglese, in ordine di utenza), spagnolo, cinese mandarino, hindi indiano – ammesso che negli ultimi due casi le lingue “ufficiali” siano poi veramente praticabili sul posto (e parlandone da ignorante, beninteso), russo. Fico, ma solo in apparenza: alla fine si scopre che gli scienziati, per la scrittura e la condivisione della propria produzione, convergono al più su una lingua sola (l’inglese, dove una volta era il latino). E io invece dovrei studiare – ad esempio – cinese mandarino per capire, da buon consumatore, il manuale di istruzioni del mio nuovo telefonino? No, mi spiace, come buon consumatore pretendo che le istruzioni mi vengano somministrate nella mia lingua madre – oppure rassegnarmi a leggerle in inglese ovvero considerare la cosa ostativa all’acquisto del telefonino stesso. O per intraprendere, sempre da buon consumatore, un bel viaggetto e leggere dal vivo i cartelli stradali in lingua? O ancora per tradurre, ovviamente sottopagato, qualche cartella stampa? La finisco qui per non rattristarvi ulteriormente.

Molto meglio imparare a pensare e a comunicare concetti, piuttosto che parole: nulla abbiamo di meglio a questo fine delle arti demodé del trivio e del quadrivio. Ma serve un nuovo quadro di riferimento per riproporne la cogenza – e in fretta, ad attendere un salto epistemico prossimo venturo che ce la mandi buona c’è il rischio di passare nel frattempo allo stato di reperto museale.

Tentiamo una congettura? Ma una banale: quei genialoidi dell’Università della California a San Diego stanno facendo un po’ di ipotesi ed esperimenti su come il cervello apprenda le informazioni, e te lo spiegano pure: “Using these approaches, no matter what your skill levels in topics you would like to master, you can change your thinking and change your life. …If you’ve ever wanted to become better at anything, this course will help serve as your guide.”

Magari, a ben vedere, l’apprendimento in età preadolescenziale, di rudimenti di latino e di greco è un’attività che si sposa meglio di altre ad applicare questi concetti – quindi a trarne vantaggio. Questa si che sarebbe una (lieta) sorpresa. Ma è solo una congettura, al momento senza verifica sperimentale.

Nel frattempo, sulla scorta dell’evoluzione della neolingua orwelliana, tengo care le lingue morte (assieme all’ermo colle): oltre a tutto quanto già ben noto, anche come gioco di società funzionano ancora benissimo; nuove e migliori argomentazioni a loro favore verranno – e anche con dati a supporto, si spera.

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leggere Latino: ritorno al negotium, con il coraggio spartano

Ciao a tutti, letturina in vista del ritorno al negotium. Nulla di non conosciuto, tre esempi a carica ispirazionale positiva (nelle intenzioni, almeno).

Il coraggio spartano.

Pari animo Lacedaemonii in Thermopylis occiderunt. Quid ille dux Leonidas dicit ? ‘ Prandete animo forti, Lacedaemonii : ‘hodie apud inferos fortasse cenabimus.’ — Fuit haec gens fortis, dum Lycurgi leges vigebant. E quibus unus, cum Perses hostis in colloquio dixisset glorians, ‘ Solem prae iaculorum multitudine et sagittarum non videbitis,’ ‘ In umbra igitur,’ inquit, ‘pugnabimus.’ Viros commemoro:
qualis tandem Lacaena ? Quae cum filium in proelium misisset et interfectum audisset, ‘Idcirco,’ inquit, ‘genueram, ut esset qui pro patria mortem non dubitaret occumbere.’

 

Buona giornata. Anche questo esempio è tratto da Latin at sight: with an introduction, suggestions for sight-reading, and selections for practice (E.Post, Ginn & Company, Boston, 1894).


FGB: commento alla lezione XI – ancora sulla seconda declinazione

Continuiamo il commento al First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company), laboratorio introduttivo al greco antico che, tra le altre virtù, spiega i tempi verbali prima per il solo modo indicativo; con solo questo libro non diverrete certamente filologi classici ma certo non uscirete pazzi tanto da abbracciare quel famoso cavallo sabaudo (Nice, che dice? Boh).

 

 

La lezione XI continua il discorso iniziato nella precedente sulla seconda declinazione (O-Declension). Godetevela, dalla prossima ci sarà meno da divertirsi – arrivano verbi.

Lezione XI: ancora sulla O-declension.

Intanto c’è da andare a studiare negli schemi in fondo al libro come si declina l’articolo determinativo ὁ, ἡ, τό, ormai non ne possiamo fare a meno.

Poi vorrei rassicurare tutti sulla concordanza nome <-> aggettivo: anche qui vale in numero, genere e caso. Per quella soggetto <-> verbo ci sarà invece un eccezione notevole.

Ma quella che mi è piaciuta di più è la parola postpositiva: una parola che non viene mai messa all’inizio della frase (nella frase greca, intendo, in italiano sarà da mettere in testa), ma generalmente viene per seconda.

Esempio: la congiunzione δέ (significa ma, e), come nella frase τόξα δἐ, ὦ Κῦρε, οὐκ ἔχομεν (ma gli archi, o Ciro, non abbiamo). E questa è anche la pillola omeopatica di sintassi di questa lezione.

 

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO>Sempre a disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono con gli anziani e allo stesso tempo continuare sottobanco a leggere bimbominkiate, magari su wattpad.</PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 

 


Latino 101 – ancora bibliografia, antologia con esercizi

wpIMG_20160623_1057-028Con il termine di corso 101 si indica, negli Stati Uniti, un corso universitario introduttivo, che non abbia quindi alcun prerequisito.

Un po’ come quando butti il cuore oltre l’ostacolo e ti metti a studiare un po’ di latino (il latinuccio del mio primo insegnante… ah nostalgia canaglia) alle scuole medie. Attività opzionale, e peggio ancora non sei nemmeno così ferrato sulla grammatica italiana (al punto che puoi usare lo studio del latino per verificare la conoscenza dell’italiano tanto quanto viceversa; suggerimenti: 1. prova a tradurre il perfetto con il passato remoto – quest’ultimo, almeno in Lombardia, è ormai dimenticato. 2. il lessico… vabbè qui è come sparare sulla croce rossa).

Niente paura: ma serve un corso di latino per neofiti, una sorta di latino 101 (ammettiamolo, detto così fa più chic): qualcosa che, col pretesto di insegnare i rudimenti di questo linguaggio permetta di consolidare un po’ di analisi (grammaticale/logica/del periodo) dell’italiano, di costruire (di ampliare, a voler peccare di ottimismo) il lessico, di tornare a parlare di storia antica.

Una piccola bibliografia essenziale, messa assieme a partire da testi di pubblico dominio, dei quali sia possibile scaricare, stampare, condividere il pdf, addirittura fotocopiare e distribuire senza alcun timore è disponibile qui.

Rispetto a quest’ultima ci sarebbe ancora da aggiungere qualche altro libro di lettura, una qualche antologia con richiami di grammatica, facciamo tre proposte:

Ecco, ad aver voglia di esercitarsi sui verbi, sul lessico e sulle regole grammaticali qui ne trovate per tutti i gusti.


FGB: commento alla lezione VIII – la seconda declinazione (O-Declension)

Ormai penso sappiate a sufficienza di cosa tratti il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company):  un laboratorio introduttivo al greco antico pensato farvi iniziare un percorso che, se diamo retta a Kavafis, vi porterà fino ad Itaca, e senza fretta; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado di aiutare i vostri figli a ripetere i verbi greci.

La lezione VIII presenta la seconda declinazione (detta anche O-Declension dai grammatici di scuola anglosassone) e gli aggettivi della prima classe.

Lezione VIII: la O-declension.

I nomi di questa declinazione escono in -ος al maschile (e al femminile, ma sono pochi), e in -ον al neutro.

Le terminazioni sono: -ος/-ον, -ου, -ῳ, -ον, -ε/-ον al singolare; al plurale -οι/-α, -ων, -ις, -υς/-α, οι/-α. Al duale -ω, -οιν (casi diretti, indiretti).

La terminazione in dittongo -οι è da considerare breve ai fini dell’accentazione.

A questo punto siamo pronti anche per introdurre gli aggettivi della prima classe (cone vengono detti in latino): i maschili seguono la II declinazione, i femminili la I declinazione (in -ᾱ o in -η a seconda), i neutri ancora la II declinazione – ἀγαθος, ἀγαθή, ἀγαθόν (buono) e καλός, καλή, καλόν (bello).

 

In questa lezione, assieme al solito vocabolarietto, c’è quindi anche qualche aggettivo da imparare. Come pillola omeopatica di sintassi si trova il costrutto καὶ… καί: non abbiamo inavvertitamente fatto male a Milo, vuol dire e… e, sia… sia.

N.B.: far capire il genere di un nome, in greco lo si indica facendolo seguire dall’articolo ὁ, ἡ, τό.

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO>Sempre a disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono con gli anziani e allo stesso tempo continuare sottobanco a leggere bimbominkiate, magari su wattpad.</PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 

 


in aiuto del giovane insegnante di Latino di un secolo fa

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Voglia di fare filosofia, più o meno spicciola? Leggetevi un po’ questo: Teaching high-school Latin (Game, Josiah Bethea, The University of Chicago Press, Chicago, 1916).

Quest’anno fa giusto un secolo dalla sua pubblicazione.

Anticipo solo, traducendola maccheronicamente, la chiusa della prefazione: “I giovani insegnanti di Latino hanno un grande ruolo nell’educazione della nuova generazione e nel tenere alto gli ideali di erudizione tra la gente. Possa questo piccolo libro servire a rendere forti le loro mani e i loro cuori nel loro buon lavoro” (Agosto 1916, c’è una guerra mondiale in corso là fuori, e nemmeno l’ultima).

Buon divertimento.


6WP: sei settimane di preparazione alla lettura di Cesare, nozioni preliminari

Six Week for Reading Caesar

Il libro di James Morris Whiton, Six weeks’ preparation for reading Caesar (Ginn & Company, Boston, 1886) è un testo-laboratorio introduttivo al latino, pensato per mettere abbastanza rapidamente in grado di leggere qualche brano dal De Bello Gallico di Cesare).

Ci sono richiami grammaticali e sintattici piuttosto sommari con esempi, vocabolarietti essenziali specializzati sul lessico del De Bello Gallico, esercizi di traduzione dal latino e in latino (dall’inglese); il testo fa riferimento, per quanto in esso non contenuto a grammatiche latine in voga nel periodo (qui una bibliografia essenziale per reperirle).

 

Il testo inizia con qualche nozioni preliminare, su cui demanda la spiegazione ad una delle grammatiche di riferimento. Qui tentiamo una sintesi.

Un po’ di fonetica latina: la pronuncia e le regole per la sillabazione, la quantità e l’accento;

Essendo italiani, per la pronuncia siamo facilitati, almeno fino a quando non veniamo a conoscenza della pronuncia classica. Fino ad allora, la pronuncia ecclesiastica andrà benissimo.

La sillabazione: nella divisione in sillabe, una consonante singola tra due vocali va con la seconda (ab-est, ob-la-tus). Una sillaba si dice pura se preceduta da una vocale (nella stessa parola); se preceduta da consonante, si dice impura. Una sillaba a inizio parola che finisca per vocale o una sillaba non a inizio parola che cominci per vocale si dice aperta, altrimenti si dice chiusa.

La quantità, ovvero il tempo di pronuncia di una vocale: ogni lettera ha sempre lo stesso suono, ma le vocali, se lunghe, si pronunciano nel doppio del tempo della stessa vocale, se breve. I segni della quantità si dovrebbero trovare segnati, ma non saremo quasi mai così fortunati (forse negli specchiatti delle flessioni).

Regole sulle quantità:

  • una vocale prima di un altra vocale, o della h, è corta;
  • un dittongo è lungo;
  • una sillaba formata per contrazione è lunga (es nil, da nihil);
  • una sillaba formata da
    • una vocale seguita da due consonanti / una consonante doppia (x, z) è lunga
    • se la vocale è prima di nf e ns la vocale stessa diventa lunga;

L’accento. Regole sull’accento:

  • le parole di due sillabe sono sempre accentate sulla prima sillaba;
  • per le parole di più di due sillabe, si guarda la quantità della penultima sillaba: se questa è lunga, allora è anche accentata, se questa è corta, allora l’accento risale alla terzultima.

La flessione (declinazione per nomi, aggettivi e pronomi, coniugazione per i verbi): la flessione è un cambiamento della forma di una parola per indicare le sue relazioni grammaticali. Questi cambiamenti possono avvenire all’inizio e nel corpo della parola, ma molto più spesso nella sua terminazione (alla fine). I cambi di flessioni nel corpo di un verbo indicano relazioni di modo e di tempo.

Radice e tema (stem): il corpo di una parola, al quale sono attaccate le terminazioni. Indica l’idea della parola, il concetto che esprime, al di là delle sue relazioni grammaticali, ma in generale non può essere usato senza terminazioni per esprimerla. La forma primitiva della parola invece, che ne esprime l’idea base in modo meno definito e comune anche ad altre parole, è detta radice.

I casi, il loro utilizzo e significato. Nomi, aggettivi e pronomi latini si declinano in due numeri (singolare e plurale) e sei casi (NOMinativo, GENitivo, DATivo, ACCusativo, VOCativo e ABLativo).

I sei casi vengono introdotti con il loro significato a livello di analisi logica, cioè esprimono la funzione logica della parola all’interno della frase. Di solito si inizia a studiare il loro significato di base, quello espresso dall’utilizzo del caso senza intervento di preposizioni:

  • NOM – > il soggetto (e il nome del predicato);
  • GEN -> il complemento di specificazione;
  • DAT -> il complemento di termine (oggetto indiretto dell’azione descritta dal verbo);
  • ACC -> il complemento oggetto (oggetto diretto dell’azione descritta dal verbo);
  • VOC -> il complemento di vocazione (fino a quando, o Catilina, abuserai della nostra pazienza?);
  • ABL -> il complemento di mezzo (è il caso che maggiormente si presta ad assumere significati diversi attraverso l’uso delle preposizioni).

Fino a qui è facile: peccato poi ci siano tre situazioni che complichino notevolmente l’analisi logica della frase latina:

  • un caso (così come è, senza proposizione) può servire a rappresentare anche altri complementi (ad es. il DAT di vantaggio/svantaggio, l’ACC di tempo continuato);
  • un caso preceduto da una preposizione rappresenta un (altro) complemento: qui serve piuttosto sapere quali preposizioni reggono quali casi (ad. es: la preposizione IN regge sia l’ABL – e in questo caso indica stato in luogo, che l’ACC – e in quest’altro caso indica moto a luogo circoscritto);
  • un verbo latino di significato transitivo (che in italiano ti aspetteresti quindi di trovare con il suo complemento oggetto) può reggere casi diversi dall’ACC: qui solo il vocabolario potrà aiutarci a capire se il costrutto sia fattibile.

Ah, dimenticavo: i casi NOM, ACC, e VOC si dicono casi diretti, mentre i casi GEN, DAT e ABL si dicono indiretti od obliqui.

 

E siamo solo ai prerequisiti.

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO>Appena all’inizio, ma già disponibile, un corso strutturato secondo le logiche di memrise (e liberamente usufruibile proprio dal sito memrise.com) che segue gli esercizi contenuti nel Six Weeks’ Preparation. Ci si arriva cliccando qui. </PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 


FGB: commento alla lezione VII – imperfetto indicativo attivo

il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company) è un laboratorio introduttivo al greco antico pensato per ragguagliarvi sulla grammatica e la sintassi: da sfogliare in vista del ginnasio è ottimo, oppure se a suo tempo avete percorso altre strade e vi è rimasta la curiosità di sapere… insomma fate un po’ voi; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado di leggere qualche epigrafe (a capirne poi il senso, ecco il problema).

 

La lezione VII presenta, con l’esempio dell’imperfetto, la tecnica dell’aumento – tipica dei tempi secondari dell’indicativo.

Lezione VII: imperfetto indicativo attivo.

Nei tempi secondari (imperfetto, aoristo, piuccheperfetto) dell’indicativo, i verbi ricevono un aumento al loro inizio: una sorta di prefisso insomma.

L’aumento può essere di due tipi:

  • aumento sillabico: il prefisso è una ε. Si applica nei verbi che iniziano per consonante. λύω (io sciolgo) aumenta in ἔ-λυον (io scioglievo);
  • aumento temporale (della quantità): se la prima sillaba del verbo inizia per vocale o dittongo, allora l’aumento si effettua allungando questa sillaba. In pratica
    • α, ε diventano η;
    • ι, ο, υ  diventano ῑ, ω, ῡ;
    • αι, ᾳ diventano ῃ;
    • οι diventa ῳ;

Attenzione: l’aumento di ἔχω (io ho) è irregolare: fa εἶχον (io avevo).

L’imperfetto indicativo rappresenta un azione nel passato: ἔλυον significa io scioglievo, io sciolsi.

I verbi hanno accento recessivo, e qui c’è da tener conto dell’aumento: applicando le leggi generali di fonetica, talvolta l’accento si sposta (ἔλυον, ἐλύομεν), talvolta invece cambia proprio (εἶχον, εἴχομεν).

In questa lezione non c’è un vocabolarietto dedicato, con annesse pillole omeopatiche di sintassi. Il suggerimento è quello di ripassare quelli delle lezioni da III a VI.

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO>Sempre a disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono con gli anziani e allo stesso tempo continuare sottobanco a leggere bimbominkiate, magari su wattpad.</PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 

 


Latino 101 – bibliografia essenziale (andiamo a comandare)

wpIMG_20160623_1057-028Con il termine di corso 101 si indica, nel mondo universitario americano, un corso assolutamente introduttivo, che non abbia alcun prerequisito.

Se è vero che sia meglio tornare ad imparare un po’ di latino durante gli anni della scuola media, serve un corso di latino per neofiti, un latino 101 (ammettiamolo, detto così fa più chic): qualcosa che, col pretesto di insegnare i rudimenti di questo linguaggio permetta di consolidare un po’ di analisi (grammaticale/logica/del periodo) dell’italiano (fino a quando non ho imparato bene l’italiano – o il latino, posso usare il latino per imparare l’italiano tanto quanto l’italiano per imparare il latino), di ampliare il lessico, di tornare a parlare di storia antica.

Ecco una bibliografia essenziale, messa assieme a partire da testi di pubblico dominio, dei quali sono scaduti i diritti di copia e quindi sia possibile scaricare, stampare, condividere il pdf, addirittura fotocopiare e distribuire senza alcun timore.

 

Pochi testi, quindi, ma selezionati con qualche cura:

  • [6WP] Six weeks’ preparation for reading Caesar by Whiton, James Morris, 1833-1920 (1886, Boston, Ginn & Company). Il primo libro di latino.
  • [LAS] Latin at sight by Post, Edwin, 1851- (1894, Boston, Ginn & Company). Antologia di letture.
  • [EOL] Essentials of Latin for Beginners by Henry Carr Pearson (1915, New York, American Book Company). Testo-laboratorio introduttivo.
  • [LPC] Latin prose composition by Henry Carr Pearson (1903, New York, American Book Company). Esercizi di composizione in latino, organizzati per argomenti morfosintattici e avendo ad esempio la prosa di Cesare e di Cicerone.
  • [CLG] A complete Latin grammar by Harkness, Albert, 1822-1907 (1898, New York, American Book Company). Grammatica di riferimento, per consultazione.
  • [LGFC] A Latin grammar founded on comparative grammar by Allen, Joseph Henry, 1820-1898; Greenough, J. B. (James Bradstreet), 1833-1901 (1879, Boston, Ginn and Heath). Altra grammatica di riferimento, sempre per consultazione.

 

La strategia di utilizzo di questi materiali potrebbe essere disegnata in un percorso a tre fasi:

  • Livello zero: si parte dal [6WP]: fino al capitolo IX è quasi una passeggiata ma dal capitolo X la strada si fa improvvisamente ripida – è opportuno prevedere un momento di ripasso prima di attaccare l’ultima parte del testo.
  • Livello uno: al termine del [6WP] si può iniziare a leggere (e a tradurre) brani dal [LAS] e tornare con più cura su morfologia e sintassi, seguendo il laboratorio [EOL].
  • Livello due: fare della composizione in latino [LCP] permette di chiarirsi i restanti dubbi grammaticali, e di assorbire lo stile degli autori presi a riferimento.

(resta difficile pensare, ad oggi almeno, di concludere il percorso negli anni della scuola media).

Come metodo, non si possono promettere miracoli: ma alcune vecchie abitudini (tipo imparare a memoria i vocabolarietti forniti lezione per lezione (trascrivendoli), frasi di esempio delle regole sintattiche e riprodurre sul quaderno specchietti di declinazioni e coniugazioni) possono ancora giovare. E poi, avere qualcuno che ascolti la ripetizione delle flessioni correggendola (nel caso) aiuterebbe molto.

Restano da individuare metafore contemporanee per rendere attraenti tutte queste attività: suppongo che caricare i cinque pdf sullo smartphone per averli sempre a disposizione non sia sufficiente. Come riporta il Rovazzi: I don’t know what andiamo a comandare means but it’s a banger. Ecco, latino is a real banger, vai tu a farlo passare per tale.

 


FGB: commento alla lezione VI – nomi femminili in α breve

il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company) è un testo-laboratorio introduttivo al greco antico pensato per presentarvi con largo anticipo quanto di meravigliosamente terribile potrà accadervi caso mai vi verrà l’ardire di iscrivervi al liceo classico, e quindi per prepararvi; oppure se a suo tempo avete rifiutato l’ostacolo e da allora vi è rimasta la curiosità di sapere quello che vi siete persi… insomma fate un po’ voi; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado – sbagliando peraltro pronuncia – di chiedere indicazioni stradali al pireo, o di tentare di leggere qualcosa di Senofonte, ma con cautela.

La lezione VI presenta i nomi della I declinazione, femminili, che escono in alfa breve.

Lezione VI: nomi femminili in alfa breve.

Notizia ovvia: se sulla α non viene segnata la quantità lunga (cioè non viene scritta nelle declinazioni come ᾱ), allora è da considerare… breve (purtroppo nei testi la quantità non è quasi mai espressa). Pochi sostantivi femminili escono in α breve (ad. es.: θάλαττα, il mare, γέφῡρα, il ponte). Se la α è preceduta da uno dei soliti ε,ι,ρ allora le terminazioni del singolare sono tutte in α (-α, -ᾱς, -ᾳ, -αν, -α), altrimenti i casi obliqui sono in η (-α, -ης, -ῃ, -αν, -α): al solito, una terminazione lunga influisce sull’accentazione della parola declinata (calcolata a partire dall’accentazione del nominativo singolare) facendo scivolare l’accendo di una sillaba verso il fine parola.

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

p.s.: anche in questa lezione, gli inserti omeopatici di sintassi nei vocabolarietti prima degli esercizi. Interessa sapere come si traduce il moto a luogo? Ecco qui: con la preposizione εἰς + ACCusativo (analogamente al costrutto latino).

Ci sono poi preposizioni che reggono più di un caso: ἐπί, ad esempio, la puoi trovare sia con il GENitivo (su, sopra), che con il DATivo (da); ma anche con l’ACCusativo (verso, contro).

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO>Sempre a disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono con gli anziani e allo stesso tempo continuare sottobanco a leggere bimbominkiate, magari su wattpad.</PUBBLICITA’ PROGRESSO>