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FGB: commento alla lezione XI – ancora sulla seconda declinazione

Continuiamo il commento al First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company), laboratorio introduttivo al greco antico che, tra le altre virtù, spiega i tempi verbali prima per il solo modo indicativo; con solo questo libro non diverrete certamente filologi classici ma certo non uscirete pazzi tanto da abbracciare quel famoso cavallo sabaudo (Nice, che dice? Boh).

 

 

La lezione XI continua il discorso iniziato nella precedente sulla seconda declinazione (O-Declension). Godetevela, dalla prossima ci sarà meno da divertirsi – arrivano verbi.

Lezione XI: ancora sulla O-declension.

Intanto c’è da andare a studiare negli schemi in fondo al libro come si declina l’articolo determinativo ὁ, ἡ, τό, ormai non ne possiamo fare a meno.

Poi vorrei rassicurare tutti sulla concordanza nome <-> aggettivo: anche qui vale in numero, genere e caso. Per quella soggetto <-> verbo ci sarà invece un eccezione notevole.

Ma quella che mi è piaciuta di più è la parola postpositiva: una parola che non viene mai messa all’inizio della frase (nella frase greca, intendo, in italiano sarà da mettere in testa), ma generalmente viene per seconda.

Esempio: la congiunzione δέ (significa ma, e), come nella frase τόξα δἐ, ὦ Κῦρε, οὐκ ἔχομεν (ma gli archi, o Ciro, non abbiamo). E questa è anche la pillola omeopatica di sintassi di questa lezione.

 

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

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FGB: commento alla lezione VIII – la seconda declinazione (O-Declension)

Ormai penso sappiate a sufficienza di cosa tratti il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company):  un laboratorio introduttivo al greco antico pensato farvi iniziare un percorso che, se diamo retta a Kavafis, vi porterà fino ad Itaca, e senza fretta; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado di aiutare i vostri figli a ripetere i verbi greci.

La lezione VIII presenta la seconda declinazione (detta anche O-Declension dai grammatici di scuola anglosassone) e gli aggettivi della prima classe.

Lezione VIII: la O-declension.

I nomi di questa declinazione escono in -ος al maschile (e al femminile, ma sono pochi), e in -ον al neutro.

Le terminazioni sono: -ος/-ον, -ου, -ῳ, -ον, -ε/-ον al singolare; al plurale -οι/-α, -ων, -ις, -υς/-α, οι/-α. Al duale -ω, -οιν (casi diretti, indiretti).

La terminazione in dittongo -οι è da considerare breve ai fini dell’accentazione.

A questo punto siamo pronti anche per introdurre gli aggettivi della prima classe (cone vengono detti in latino): i maschili seguono la II declinazione, i femminili la I declinazione (in -ᾱ o in -η a seconda), i neutri ancora la II declinazione – ἀγαθος, ἀγαθή, ἀγαθόν (buono) e καλός, καλή, καλόν (bello).

 

In questa lezione, assieme al solito vocabolarietto, c’è quindi anche qualche aggettivo da imparare. Come pillola omeopatica di sintassi si trova il costrutto καὶ… καί: non abbiamo inavvertitamente fatto male a Milo, vuol dire e… e, sia… sia.

N.B.: far capire il genere di un nome, in greco lo si indica facendolo seguire dall’articolo ὁ, ἡ, τό.

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FGB: commento alla lezione VII – imperfetto indicativo attivo

il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company) è un laboratorio introduttivo al greco antico pensato per ragguagliarvi sulla grammatica e la sintassi: da sfogliare in vista del ginnasio è ottimo, oppure se a suo tempo avete percorso altre strade e vi è rimasta la curiosità di sapere… insomma fate un po’ voi; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado di leggere qualche epigrafe (a capirne poi il senso, ecco il problema).

 

La lezione VII presenta, con l’esempio dell’imperfetto, la tecnica dell’aumento – tipica dei tempi secondari dell’indicativo.

Lezione VII: imperfetto indicativo attivo.

Nei tempi secondari (imperfetto, aoristo, piuccheperfetto) dell’indicativo, i verbi ricevono un aumento al loro inizio: una sorta di prefisso insomma.

L’aumento può essere di due tipi:

  • aumento sillabico: il prefisso è una ε. Si applica nei verbi che iniziano per consonante. λύω (io sciolgo) aumenta in ἔ-λυον (io scioglievo);
  • aumento temporale (della quantità): se la prima sillaba del verbo inizia per vocale o dittongo, allora l’aumento si effettua allungando questa sillaba. In pratica
    • α, ε diventano η;
    • ι, ο, υ  diventano ῑ, ω, ῡ;
    • αι, ᾳ diventano ῃ;
    • οι diventa ῳ;

Attenzione: l’aumento di ἔχω (io ho) è irregolare: fa εἶχον (io avevo).

L’imperfetto indicativo rappresenta un azione nel passato: ἔλυον significa io scioglievo, io sciolsi.

I verbi hanno accento recessivo, e qui c’è da tener conto dell’aumento: applicando le leggi generali di fonetica, talvolta l’accento si sposta (ἔλυον, ἐλύομεν), talvolta invece cambia proprio (εἶχον, εἴχομεν).

In questa lezione non c’è un vocabolarietto dedicato, con annesse pillole omeopatiche di sintassi. Il suggerimento è quello di ripassare quelli delle lezioni da III a VI.

 

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FGB: commento alla lezione VI – nomi femminili in α breve

il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company) è un testo-laboratorio introduttivo al greco antico pensato per presentarvi con largo anticipo quanto di meravigliosamente terribile potrà accadervi caso mai vi verrà l’ardire di iscrivervi al liceo classico, e quindi per prepararvi; oppure se a suo tempo avete rifiutato l’ostacolo e da allora vi è rimasta la curiosità di sapere quello che vi siete persi… insomma fate un po’ voi; con questo libro non diverrete certamente filologi classici ma almeno sarete in grado – sbagliando peraltro pronuncia – di chiedere indicazioni stradali al pireo, o di tentare di leggere qualcosa di Senofonte, ma con cautela.

La lezione VI presenta i nomi della I declinazione, femminili, che escono in alfa breve.

Lezione VI: nomi femminili in alfa breve.

Notizia ovvia: se sulla α non viene segnata la quantità lunga (cioè non viene scritta nelle declinazioni come ᾱ), allora è da considerare… breve (purtroppo nei testi la quantità non è quasi mai espressa). Pochi sostantivi femminili escono in α breve (ad. es.: θάλαττα, il mare, γέφῡρα, il ponte). Se la α è preceduta da uno dei soliti ε,ι,ρ allora le terminazioni del singolare sono tutte in α (-α, -ᾱς, -ᾳ, -αν, -α), altrimenti i casi obliqui sono in η (-α, -ης, -ῃ, -αν, -α): al solito, una terminazione lunga influisce sull’accentazione della parola declinata (calcolata a partire dall’accentazione del nominativo singolare) facendo scivolare l’accendo di una sillaba verso il fine parola.

 

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p.s.: anche in questa lezione, gli inserti omeopatici di sintassi nei vocabolarietti prima degli esercizi. Interessa sapere come si traduce il moto a luogo? Ecco qui: con la preposizione εἰς + ACCusativo (analogamente al costrutto latino).

Ci sono poi preposizioni che reggono più di un caso: ἐπί, ad esempio, la puoi trovare sia con il GENitivo (su, sopra), che con il DATivo (da); ma anche con l’ACCusativo (verso, contro).

 

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FGB: commento alla lezione V – introduzione ai verbi

Museo di Epidauro, Argolide.

Museo di Epidauro, Argolide.

il First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company) è un testo-laboratorio introduttivo al greco antico pensato per mettervi in guardia nel caso abbiate velleità di iscrivervi al liceo classico, oppure se siete davvero motivati per prepararvi, o ancora se l’avete scampata a suo tempo ma vi è rimasta la curiosità di sapere quello che vi siete persi… insomma fate un po’ voi; tanto non diverrete filologi classici per questo ma almeno sarete in grado – sbagliando peraltro pronuncia – di chiedere aiuto al bagnino greco, a trovarne uno quando serve.

La lezione V introduce la coniugazione del verbo: argomento diversamente leggero. Come si diceva una volta: hic sunt leones.

Lezione V: i verbi, introduzione.

Iniziamo dando i numeri. In Greco Antico vi sono tre diatesi: attiva, passiva e …media (non fate gli spiritosi). Vi sono poi quattro modi finiti: indicativo, congiuntivo, ottativo e imperativo; i modi indefiniti sono due: infinito e participio (e qui un’azzeccagarbugli direbbe che sono in realtà nominali verbali: l’infinito è un nome e il participio è un aggettivo verbali). I tempi sono sette: quattro tempi principali (o primari) – presente, futuro, perfetto e futuro perfetto, tre tempi storici (o secondati) – imperfetto, aoristo e piuccheperfetto.

Quindi ci sarà da capire cosa ci facevano gli antichi greci con l’ottativo. E con l’aoristo. E se ho presente cosa succede in latino temo anche il congiuntivo sarà da interpretare: vedremo. E il medio? Cosa vorrà mai dire?

Le persone sono tre, come avviene per i nomi: singolare, plurale e duale (riecco i due cavalli).

Attenzione: nei verbi l’accento è recessivo: tende cioè a risalire il più possibile verso l’inizio parola. L’oscurità di questa affermazione verrà disvelata a suo tempo debito, abbiate fede.

La parte fondamentale del verbo è la radice o tema verbale, che indica il significato dell’azione e dalla quale dipendono le varie coniugazioni. Ad esempio, il tema di πέμπω (io mando) è πεμπ, il tema di βουλεύω (io decido) è βουλευ.

Ed è solo l’inizio. Alla prossima.

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

p.s.: proseguono gli inserti omeopatici di sintassi nei vocabolarietti di fine lezione. Vi incuriosiva sapere come si traduce il moto da luogo? Eccovi serviti: con la preposizione ἐξ (davanti a vocale) ἐκ (davanti a consonante) + GENitivo (analogamente al costrutto a, ab  + ABLativo, in latino). E per la negazione? Facile: οὐ (davanti a consonante), οὐκ (davanti ad uno spirito dolce), οὐχ (davanti a uno spirito aspro).

 

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FGB: commento alla lezione IV – prima declinazione, nomi in -η (eta)

Museo di Epidaduro, statue

Museo di Epidauro, Argolide. Statue (Asclepio in primo piano)

FGB è l’acronimo di First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company), laboratorio introduttivo al greco antico tale che, anche se non diverrete filologi classici, almeno sarete in grado – sbagliando pronuncia – di leggere i menù dei ristoranti greci: potrete quindi fare discreta figura con la fidanzatina o il fidanzatino di turno (per non sbagliare, nel caso: insalata greca, gyros pita e ai maggiorenni birra FIX).

 

La lezione IV riprende la prima declinazione (declinazione in alfa) introdotta nella scorsa lezione, questa volta per i nomi femminili che terminano in …eta! .

Lezione IV: prima declinazione: nomi femminili in -η.

Quindi, se ho capito bene, la prima declinazione viene detta anche declinazione in alfa e poi troviamo nomi che terminano in eta… ah ok basta guardare il nominativo plurale – escono tutti in -αι.

La regola: se un nome femminile della prima in alfa lungo (ᾱ), ha come penultima lettera ε, ι, o ρ allora termina davvero in -ᾱ (al nominativo singolare), altrimenti termina in -η (la sola flessione del singolare ne resta influenzata: al plurale tutto rimane invariato). In pratica, dal vocabolario leggo il lemma che riporta nominativo e genitivo singolari: questi nomi escono, accenti a parte, in -η, -ης e il loro articolo è ἡ (he, nominativo femminile).

κώμη, κώμης, ἡ (il villaggio, parossitono), σκηνή, σκηνῆς, ἡ (la tenda, ossitono)

le uscite al singolare sono, a meno di accenti: -η, -ης, -ῃ, -ην, -η (solito schema nom, gen, dat, acc, voc)

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p.s.: ah dimenticavo, in attesa di andare in dettaglio nella sintassi dei casi e delle preposizioni, il nostro autore inserisce quatto quatto qualche anticipazione essenziale per svolgere gli esercizi direttamente nei vocabolarietti di fine lezione. Un esempio? la preposizione ἐν + DATivo indica il complemento di stato in luogo (analogamente a in + ABLativo, in latino). Ditemi voi se non è una perfidia questa.

 

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il primo libro di greco (FGB, JWW): vocabolarietto

 

JWW_First_Greek_BookIl testo, di pubblico dominio ormai, First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company, nel seguito indicato con le sigle FGB o JWW), è un laboratorio introduttivo al greco antico. In quasi ogni lezione presenta un piccolo elenco di parole, che in genere servono per risolvere gli esercizi proposti subito dopo.

 

Nel testo ci sono anche delle liste generali riassuntive dei termini utilizzati ed un piccolo vocabolario di termini frequenti greco antico/inglese e inglese/greco antico – in fondo al libro.

Per agevolare il lettore italiano, almeno nella compilazione degli esercizi, stiamo raccogliendo i termini introdotti, lezione per lezione, in un elenco che ricolleghi le tre lingue greco antico/inglese/italiano: per ora siamo arrivati alla lezione XII, il pdf può essere scaricato da qui.

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO> A disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono. </PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 

 


FGB: commento alla lezione III – introduzione alla sintassi del nome e alla prima declinazione

Statua di Asclepio, museo del teatro di Epidauro - Argolide

Statua di Asclepio, museo del teatro di Epidauro – Argolide

FGB è l’acronimo di First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company), un laboratorio introduttivo al greco antico tale che, anche se non diverrete filologi classici, almeno sarete in grado – sbagliando pronuncia – di leggere i cartelli stradali greci, e quindi potrete fare discreta figura con la fidanzatina o il fidanzatino di turno.

 

 

 

Nelle lezioni iniziali l’autore segue regolarmente uno schema: prima introduce elementi di grammatica con esempi, poi propone un vocabolario essenziale e delle frasi da tradurre – dal greco e in greco (dall’inglese).

 

La lezione III introduce la morfologia del nome e la prima declinazione (che i grammatici anglosassoni di due secoli fa chiamavano A-declension, declinazione in alfa).

Lezione III: Il nome, introduzione. La prima declinazione, nomi femminili in alfa lunga e pura.

Il greco antico è una lingua flessiva: per il nome, il finale della parola ne indica la funzione logica all’interno della frase (e le parole potranno essere scritte nell’ordine che più ci piace, nessuno confonderà “il cane morde giovanni” con “giovanni morde il cane”).

Ci sono cinque casi: nominativo (per indicare il soggetto della frase), genitivo (per il complemento di specificazione), dativo (per il complemento di termine, detto anche complemento oggetto indiretto, sempre dai grammatici anglosassoni), accusativo (per il complemento oggetto, ovvero complemento oggetto diretto) e vocativo (per il complemento di vocazione – per rivolgersi a qualcuno, insomma). Rispetto al latino non c’è l’ablativo, nel greco moderno si farà a meno anche del dativo – ma queste sono altre storie.

Ci sono tre numeri: singolare, plurale e duale (usato per riferirsi a due oggetti). Strano? Forse, ma allora cosa dovrebbe dire il sanscritto che oltre al duale presenta anche il triale?

Ci sono tre generi: maschile, femminile e neutro – per cortesia non diamo per scontato che il genere di un nome sia lo stesso tra una lingua e l’altra, ma controlliamolo sul vocabolario. Ah si, c’è qualche regola (sempre prona ad eccezioni, ma meglio di nulla) generale: i nomi di uomini, di fiumi, venti e mesi sono maschili, i nomi di donne, paesi, città, alberi, isole e la maggior parte di nomi che indichino qualità o condizioni sono femminili.

La classificazione delle declinazioni. Ci sono tre declinazioni: la Prima (detta Α-declension), la Seconda (detta O-declension) e la Terza (detta Consonant Declension). Le prime due, se si ricorda la declinazione dell’aggettivo latino della prima classe bonus, -a, um, possono anche essere considerate assieme, e l’attento grammatico anglosassone potrà serenamente indicarle come Vowel Declension (declinazione a vocale).

<FONETICA> Su quasi ogni parola greca va indicato l’accento, ahimé, ci tocca fare pausa e spiegare qualcosa di come funziona.

In greco antico ci sono tre accenti:

  • acuto (che sale da sx a dx), come in ἀγαθός (il buono, notare già che ci siamo lo spirito dolce ἀ e la sigma ς di fine parola);
  • grave (che scende da sx a dx): per esemplificarlo servono due parole, tipo σκηναὶ ἀγαθαί – le buone tende. Questo perché l’accento grave si usa solo al posto di un accento acuto in una parola ossìtona (in italiano diremmo tronca, cioè accentata sull’ultima sillaba) e solo se questa parola è seguita da un’altra nella stessa frase, senza segni di punteggiatura. Per tornare all’esempio, σκηναὶ sarebbe da scrivere come σκηναί, ma essendo seguito da altra parola senza punteggiatura in mezzo… ecco ci siamo capiti.
  • circonflesso (un’ondina), come in σκηνῆς (genitivo di σκηνή, significa della tenda). Le parole con accento circonflesso sull’ultima sillaba si dicono invece perispomene.

Per il momento, basta così: l’accento di un nome si impara leggendolo dal vocabolario, almeno per il nominativo. Poi poco per volta servirà arricchire il discorso. </FONETICA>

Quindi, visto che l’accento di un nome si impara per esperienza diretta, per il nominativo siamo a posto: per gli altri casi l’accento rimarrà sulla stessa sillaba del nominativo, se l’ultima sillaba lo consente – altrimenti “scala” sulla sillaba seguente.

Cosa vuol dire “lo consente”? Mah, c’è una regola di fonetica (e te dai, direbbe Guccini) che recita: <FONETICA>se la terz’ultima sillaba di una parola è accentata, l’accento è acuto (la parola si dice proparossìtona – in italiano sarebbe sdrucciola); ma la parola può “perdere” l’accento che scala sulla sillaba seguente (cioè comportarsi da parossìtona, da parola piana in italiano) se la sillaba finale (che cambia per la flessione del caso) è lunga o finisce per ξ o ψ. Ad esempio: ἄν-θρω-πος, l’uomo, al nominativo è proparossitona, ma al genitivo la terminazione in -ου (dittongo, quindi lungo) fa sì che “dell’uomo” sia piana, ἀν-θρώ-που. Lo stesso ragionamento vale per θάλαττα, il mare, che al genitivo fa θαλάττης. </FONETICA>

Genitivo e dativo circonflessi: questa capita spesso – se il nome al genitivo e al dativo (singolare, duale o plurale), ha l’ultima sillaba lunga e accentata allora l’accento è circonflesso.

La prima declinazione si suddivide a sua volta in cinque varianti, tre femminili (nomi in alfa lunga, in eta e in alfa breve) e due maschili (nomi in ας (alfa lunga) e ης). Per fortuna la declinazione è diversa solo al singolare.

La prima variante comprende i nomi femminili che “escono” in alfa lunga e pura – la alfa è preceduta da ε, ι, ρ (esempi χώρα – la regione, στρατιά -l’esercito, θύρα – la porta); le terminazioni, a meno di accenti, sono: -α, -ας, -ᾳ, -αν, -α / -αι, -ῶν, -αις, -ας, -αι / α, αιν (sono scritte nell’ordine: nom, gen, dat, acc, voc [sing./plur./duale (diretto, indiretto)])

Il genitivo plurale esce sempre in -ῶν (con l’accento sulla omega della terminazione, quindi è sempre perispomeno), nominativo e vocativo – tutti i numeri – sono sempre uguali.

Come al solito, lessico di base ed esercizietti di traduzione sono disponibili nel corso pubblicato su memrise (ogni esercizio è un livello a parte). In teoria l’avvenuta comprensione delle regole grammaticali viene verificata attraverso l’esatta risoluzione degli esercizi proposti… in teoria, appunto. Nella pratica serve fare molto più esercizio di quanto proposto dall’autore, e sopratutto serve trascrivere a mano su di un quaderno esempi di regole, lessici vari e tracce di esercizi proposti (dal greco): verrebbe quasi da teorizzare la necessità di una ortopostura – di una corretta posizione del corpo (della mano scrivente nel caso) nell’apprendere il greco antico – che agevoli il raggiungimento di un’ortografia di per sé di gran lunga più complessa di quella italiana. Altrimenti provate a scrivere greco antico sul computer (tastiera greco politonico, font gentium o altro font unicode completo) e poi ve ne accorgerete.

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

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il primo libro di greco (FGB, JWW): commento alle lezioni I e II

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Il testo, di pubblico dominio ormai, First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company, nel seguito lo indicheremo con le sigle FGB o JWW), è un laboratorio introduttivo al greco antico. Diviso in 80 lezioni, per ogni lezione (dopo le prime due, necessariamente generali) segue costantemente lo schema: elementi di grammatica, vocabolario, frasi da tradurre dal greco, frasi da tradurre in greco (dall’inglese).

 

Iniziamo questa rubrica – il primo libro di greco – con qualche commento alle lezioni I e II, quelle che spiegano gli elementi di base del gioco.

 

Lezione I: L’alfabeto. Vocali, consonanti e dittonghi.

L’alfabeto, ovviamente, va saputo a memoria. Dalla prima all’ultima lettera, tutto d’un fiato in avanti e all’indietro. Vocali e consonanti – in prima battuta – sono quasi come ce li aspettiamo, ma la festa finisce qui: vengono infatti introdotti i concetti di vocale corta o lunga (ε (epsilon) e ο (o-micròn) sono corte,  η (eta, ma non ditelo ad un Greco contemporaneo, la chiamerebbe ita) e ω (o-mèga) sono lunghe, α,ι e υ… dipende – solo il vocabolario potrà rispondere) e le consonanti vengono raggruppate in semivocali, consonanti mute e consonanti doppie.

La sigma – la esse – si scrive σ, ma in fondo alla parola si scrive ς.

Per le consonanti poi si classifica ulteriormente: le semiconsonanti possono essere liquide, sibilanti e poi c’è la gamma nasale, le mute hanno addirittura due classificazioni indipendenti – possono essere labiali, palatali e linguali da un lato, dolci, medie e ruvide dall’altro, le consonanti doppie sono solo tre (ξ – csi, ψ – psi, ζ – zeta (pronunziata classicamente come sd)).

La gamma nasale: è la gamma prima di κ, γ, χ, ξ , che si pronuncia “n”.

I dittonghi, quelli propri: αι, αυ, ει, ευ, οι, ου, ηυ, υι e quelli impropri: ᾳ, ῃ, ῳ (questi ultimi hanno lo ι scritto sotto la vocale – con buona fantasia, si dice iota sottoscritto – che non si pronuncia).

Il dittongo ου si pronuncia “u”.

Ci sarebbe a questo punto da fare un esercizio di lettura e di spelling (pagina 3, numero 13): l’abbiamo riportato su memrise qui (così si memorizzano anche i vocaboli).

 

Lezione II: spiriti, sillabazione, elisione, accenti e punteggiatura.

Se questa lezione – la terribile lezione introduttiva di fonetica – non ammazza ogni flebile desiderio di apprendere il greco antico, io proprio non riesco a pensare cos’altro possa riuscirvi (aspetta, forse si, ci potrebbe essere sempre l’intervento dell’inquisizione spagnola, come talvolta temono i Monty Python): a questo punto del proprio percorso verso il greco antico, la fonetica rischia di rassomigliare – detta all’inglese – to a real pain in the ass. Sia chiaro, la fonetica è davvero interessante, ma quanto sia divertente giocare a farne gli azzeccagarbugli lo si scopre mooolto tempo dopo (tempo misurato vuoi in giorni-studio, vuoi in quantità di vocaboli mandati a memoria) e a costi che nemmeno Mastercard potrà mai farci qualcosa.

Quindi, ad patriam tuendam, facciamo come raccomandava padre Rocci nella sua grammatica: prendiamo la fonetica un poco alla volta, cercando di spiegarne le leggi attraverso gli esempi che via via si incontrano e non facendone un’assiomatica da sorbirsi così presto e in quanto tale.

 

Ciò premesso, e chiedendo venia per il volgarismo di cui sopra, almeno gli spiriti bisogna iniziare a raccontarli.

Cosa succede se una parola inizia per vocale (e ce ne sono sette, non è un caso così remoto, poi occhio ai dittonghi, il discorso vale anche per loro)? Possono esserci due casi: nel primo il suono della vocale è da pronunciare normalmente – come in italiano – questo fatto si indica mettendo sulla vocale uno spirito dolce (un segno uguale a una virgola posto sopra la vocale, occhio solo che sui dittonghi il segno va sulla seconda vocale, anche se ad esserne influenzata è la prima). Un esempio? ἀγορά – agorà, la piazza (del mercato). Se invece, secondo caso, la vocale iniziale va pronunciata aspirata (“hello” ancient Greek world!), si mette uno spirito aspro (una virgola girata all’indietro posta sopra la vocale) come in ἡμέρα – hemèra, il giorno (in translitterazione si può evidenziare questa pronuncia aggiungendo una “h”).

Poco per volta si capirà tutto, promesso. Ma per oggi basta con la fonetica.

 

Per ogni osservazione, correzione e commento scrivete a questo indirizzo: gp . ciceri AT gmail . com (togliete gli spazi in eccesso e sostituite AT con “@”).

 

<PUBBLICITA’ PROGRESSO> A disposizione dei volonterosi un corso (poco per volta mandiamo in onda i materiali) sul sito memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che del FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco). Potete sempre scaricarlo sul vostro smartphone, per darvi un tono. </PUBBLICITA’ PROGRESSO>

 

 


il primo libro di greco (antico): corso memrise per lessico ed esercizi

(questo post è dedicato a tutti quelli che avrebbero tanto desiderato conoscere qualcosa di greco antico, ma per un motivo o per l’altro sono rimasti fuori dal giro. Rimasti fuori fino ad oggi, almeno: si spera con questo qualcosa possa cambiare)

JWW_First_Greek_Book

Dal saccheggio alle librerie di pubblico dominio su internet, archive.org e textkit.com, quest’ultima specializzata in testi di greco antico e di latino, era saltata fuori qualche mese fa una perla vera e propria: il testo First Greek Book (J.W.White, 1896, Ginn & Company). Nel seguito lo indicheremo preferenzialmente con l’acronimo FGB, o anche con le iniziali dell’autore: JWW.

Cosa c’è nel FGB? Un laboratorio introduttivo di greco antico, con richiami grammaticali ed esercizi: convenzionale nell’ispirazione, progressivo nei contenuti e senza pretese di farci diventare aspiranti filologi greci dopo soli sei mesi. Ai tempi osservammo come, nell’appendice ci fossero, raggruppati per comodità di consultazione, tutti (o quasi, da quel poco che ci capisco) gli schemi delle declinazioni e delle coniugazioni dei verbi. Ottimi riassunti per verificare preventivamente la preparazione dello sventurato (o della sventurata) che si sia azzardato ad occuparsi della materia seriamente, al ginnasio (e dove altro, in Italia almeno, sennò?).

Non si dica però che non siamo disposti a sperimentare su noi stessi quanto ardentemente confidiamo si facciano carico altri: è estate, it’s otium time direbbero con un po’ di fantasia gli antichi all’ombra del muro di Adriano, prendiamoci qualche tempo per apprendere i rudimenti di questo linguaggio morto fin che vuoi, ma solo perché l’abbiamo ucciso ignorandolo (certo, ci sarebbe quella storiaccia dei cartelli stradali Greci, con tutte quelle eta che alla erasmiana si pronuncerebbero “e” ma che modernamente si leggono “i”: uffi, codesta rivincita postuma degli itacisti… non si riesce proprio a digerirla).

Insomma, se proprio pensiamo (errare è comunque umano) che il greco antico non basti a se stesso facciamo un po’ come l’abate Faria: attraverso il greco antico comprenderemo anche qualcosa di quello moderno).

His fretus, a disposizione dei volonterosi un nuovo corso (in fieri e appena iniziato, mi raccomando abbiate pazienza, poco per volta manderemo in onda i materiali) su memrise.com – gratis, si accede da questo link (e da quest’altro se volete la versione greco-inglese), che dell’apprezzato FGB riprende le unità lessicali e gli esercizi di traduzione (dagli originali greco-inglese e inglese-greco abbiamo ricavato i corrispondenti greco-italiano e italiano-greco).

Se con questo lavoro avremo acquisito più di venticinque nuovi grecisti, sarà stato un successo; altrimenti sarà stato bello lo stesso.